Da bambino ero solito visitare la tomba di una vecchia prozia, di cui per altro non avevo alcuna memoria.
Sulla piccola lapide campeggiava un'abbreviazione che da sola bastava a dare il senso del risparmio: "PROVV". "Vuol dire provvisorio" - suggeriva mio padre.
Il tempo passava, ma quella specie di avviso di lavori in corso a beneficio del sempre meno affranto visitatore, restava lì, suscitando un certo imbarazzo e qualche composto sorriso di compatimento. Qualcuno sussurrava che i parenti stretti non avessero abbastanza mezzi o persino affetto per una definitiva sistemazione della fossa.
Con gli anni nessuno fece probabilmente più caso alla vecchia piccola lapide provvisoria. Nella generale indifferenza, finì col divenire definitiva, come la gramigna che prosperava indisturbata lì attorno. O i garofani di plastica rosa lasciati ad ingiallire.
Perlomeno sino al lunedì in cui i resti riesumati della defunta furono solennemente traslati nell'ossario del medesimo cimitero.
Quel giorno, i parsimoniosi parenti della prozia - almeno coloro che nel frattempo non fossero già a loro volta finiti sotto una lapide provvisoria - cantarono vittoria. Senza più temere il biasimo di nessuno, videro premiata dalle circostanze la loro fermezza nel sottolineare, in tutti quegli anni, la definitiva provvisorietà della morte.
Buona Pasqua.
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Collocazione provvisoria
Tonino Bello, vescovo
C’è una frase immensa, che riassume la tragedia del creato alla morte di Cristo:
“Da mezzogiorno al le tre del pomeriggio, si fece buio su tutta la terra”.
Forse è la frase più scura di tutta
Per me è una delle più luminose. Proprio per quelle riduzioni di orario che stringono, come due paletti invalicabili, il tempo in cui è concesso al buio di infierire sulla terra.
Ecco le sponde che delimitano il fiume delle lacrime umane. Ecco le saracinesche che comprimono in spazi circoscritti tutti i rantoli della terra. Ecco le barriere entro cui si consumano tutte le agonie dei figli dell’uomo”.
“Collocazione provvisoria”. Penso che non ci sia formula migliore per definire la croce.
La mia, la tua croce, non solo quella di Cristo.
Coraggio, allora: la tua croce, anche se durasse tutta la vita, è sempre “collocazione provvisoria”.
Il Calvario, dove essa è piantata, non è zona residenziale.
E il terreno di questa collina, dove si consuma la tua sofferenza, non si venderà mai come suolo edificatorio.
Coraggio, comunque!
Noi credenti, nonostante tutto, possiamo contare sulla Pasqua.
E sulla Domenica, che è l’edizione settimanale della Pasqua. Essa è il giorno dei macigni che rotolano via dall'imboccatura dei sepolcri.
È l’intreccio di annunci di liberazione, portati da donne ansimanti dopo lunghe corse sull’erba. E’ l’incontro di compagni trafelati sulla strada polverosa.
È il tripudio di una notizia che si temeva non potesse giungere più e che invece corre di bocca in bocca ricreando rapporti nuovi tra vecchi amici. E’ la gioia delle apparizioni del Risorto che scatena abbracci nel cenacolo.
È la festa degli ex delusi della vita, nel cui cuore all’improvviso dilaga la speranza.
Riconciliamoci con la gioia.
Da lì le sofferenze del mondo non saranno più i rantoli dell’agonia, ma i travagli del parto.
E le stigmate lasciate dai chiodi nelle nostre mani saranno le feritoie attraverso le quali scorgeremo fin d’ora le luci di un mondo nuovo.
+ Don Tonino Bello
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