lunedì 21 maggio 2012

Per questo disegno d'amore...

Durante la messa di ieri, celebrata nel il rito ambrosiano, sono stato colpito da un’espressione usata nel prefazio, che è la preghiera che il sacerdote fa prima di consacrare il pane e il vino. In essa, tra le altre cose, si dice che “Per riscattare la famiglia umana il Signore Gesù… vinse il mondo con il suo dolore e la sua morte”. L’idea veicolata da una simile espressione è ancora quella del sacrificio. Davanti agli occhi del pio praticante la visione che si staglia è più o meno la seguente: all’alba dei tempi il mondo viene creato da Dio una volta per tutte; Dio pone l'uomo al centro del creato, ma subito questi disobbedisce a certe norme più o meno sensate, offendendo il Creatore in maniera mortale e ponendo un germe di inimicizia tra sé e lui. Occorre qualcuno che lo “riscatti” da questa distanza.
Questo è il primo problema, che riguarda essenzialmente il volto di Dio. Un Dio evidentemente perennemente corrucciato dai giorni dell’Eden. Una sorta di inquieto Barbablu che vedendo morire sulla croce l’unico Figlio, improvvisamente ottiene di placare la propria collera nei confronti del genere umano che lo aveva offeso nella persona dei progenitori. A parte tutte le altre questioni che vengono aperte da una tale  ingenua visione delle cose, mi chiedo: ma può un dio dal profilo così ambivalente, che pretende di essere padre e nel contempo desiderare la morte del figlio come pieno risarcimento per il peccato commesso da altri, avere qualche possibilità di credibilità nel suo essere buono e misericordioso? Come si può affermare la piena gratuità dell'amore di Dio se ancora, nella esperienza di fede, sussiste indisturbata questa immagine di dio? Come non prevedere che si crei una grande confusione mentale in chi la prenda sul serio e che alla lunga tale confusione sfoci in nevrosi?

La seconda perplessità va a braccetto con la prima: sono il dolore e la morte di Gesù a “vincere il mondo” o piuttosto la sua ferma decisione a rendere testimonianza alla propria visione del mondo? Il sangue versato non è forse la inevitabile conseguenza del suo voler restare fedele a se stesso e del suo modo di intendere la vita? La morte violenta non è lo sbocco prevedibile del suo pressante annuncio del regno di Dio, così scomodo per il potere religioso e politico del tempo e di tutti i tempi? Perché dunque nel cuore del rito eucaristico, facendo memoria di tutto ciò, ci si ostina a sottacere la causa sottolineando l’esito? Perché le persone sono ogni volta invitate a riflettere sul dolore finale e molto meno sull’intima decisione di Gesù, quella che ha pervaso tutta la sua esistenza terrena? Decisione di offrire una ricetta di una possibile convivialità e di stare dalla parte degli oppressi sino alle conseguenze più estreme. Decisione di annunciare la Bontà senza condizioni che desidera che gli uomini vivano e vivano in pace.

Soltanto nella chiara consapevolezza della “fedeltà al mondo” da parte di Gesù, del coraggio radicale di parteggiare per i piccoli e per gli esclusi. Soltanto facendo piazza pulita da ormai incomprensibili e imbarazzanti immagini di Dio. Soltanto allora potremo essere “riconoscenti e ammirati per questo disegno d’amore, ed elevare uniti agli angeli e ai santi l’inno di lode”.

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3 commenti:

  1. Faccio un copia incolla preso dal blog di Barbero:

    "Gesù è morto in conseguenza della sue scelte. Egli è stato fedele fino in fondo nella difesa dei più deboli ed emarginati. Come profeta e testimone del regno di Dio non ha tradito la "causa della sua vita e la libertà gli ha creato la ostilità dei poteri e la croce. Ma Dio non ha bisogno di nessun espiatore: egli ci ama e ci salva nel Suo amore gratuito. Questa formula "morto per i nostri peccati" è una delle interpretazioni della morte di Gesù, non la interpretazione. Essa ha finito con il prevalere sulle altre perchè, nella cultura del tempo, sembrò tracciare una linea diretta tra la morte di Gesù e la "salvezza", la vita nuova dei discepoli e delle discepole delle prime generazioni. Le formule con cui esprimiamo la nostra fede sono storiche, contingenti, datate e mutevoli. Oggi forse la morte di Gesù non ci parla di espiazione, ma di una vita vissuta in totale fedeltà a Dio e ai poveri. Gesù ci testimonia il suo sconfinato amore per Dio e per gli ultimi."

    Virò

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  2. HELMUT FSCHER, Era necessario che Gesù morisse per noi? Claudiana Editrice, Torino 2012, pag 96, € 9.

    Il libro costituisce una raccolta delle varie interpretazioni della morte di Gesù presenti nel Nuovo o Secondo Testamento. Quasi tutte le chiese cristiane interpretano la morte di Gesù come sacrificio espiatorio compiuto per la salvezza degli esseri umani. "Contrariamente a tale unanimità, nel Nuovo Testamento non si trova una sola dichiarazione a sostegno di tale interpretazione che possa essere fatta risalire a Gesù stesso" (pag. 63). In più "secondo le testimonianze del Nuovo Testamento stesso, non c'è alcun passo che permetta di affermare che Dio abbia legato il proprio perdono a qualsivoglia forma di sacrificio della vita di Gesù. In nessuno dei suoi detti o dei suoi discorsi, inoltre, il Gesù storico ha mai suggerito, né velatamente, né esplicitamente, di considerare la propria morte l'avvenimento espiatorio determinante" (pag. 64).
    Certo, "l'idea del sacrificio di espiazione era saldamente radicata in tutto il mondo antico, Antico Testamento compreso, e assumeva forma concreta nella celebrazione del culto accompagnato dall'offerta di sacrifici. Già i più antichi profeti di Israele avevano esercitato una critica sostanziale del culto sacrificale" (pag. 64). Con la sua vita Gesù ha spalancato l'orizzonte in cui si dissolvono ogni bisogno, ogni cultura, ogni pratica di espiazione: "nella sua proclamazione della salvezza non c'era più posto per l'idea di un sacrificio vicario" (pag. 65). Purtroppo "nella storia del cristianesimo il modo con cui Gesù vedeva se stesso venne ben presto sepolto sotto i molteplici strati delle varie interpretazioni della sua morte derivanti tutte dalla tradizione sacrificale del giudaismo e del mondo religioso contemporaneo" (pag. 66).
    Consapevoli che tutte le interpretazioni della morte di Gesù sono comprensibili solo dentro l'orizzonte intellettuale nel quale sono state sviluppate. Non sono dogmi eterni. Oggi pensare, dire e predicare che Dio ha voluto che Gesù espiasse i peccati del mondo con la sua morte, agli orecchi di un credente adulto può risultare impronunciabile, quasi blasfemo. Infatti, la scoperta dell'amore con cui Dio ci ama rende superflua qualunque espiazione. La fede non contempla nessuna espiazione, ma sollecita alla conversione.
    Queste pagine hanno una valenza di piena attualità anche per noi oggi: Dio non si aspetta espiazioni, ma ci sollecita al cambiamento. In questa luce l'eucarestia non è il sacrificio del corpo e del sangue di Gesù, ma la memoria della sua prassi di vita e della sua fiducia in Dio.
    Raccomando vivamente la lettura di queste pagine illuminanti e liberanti.
    Franco Barbero

    Da: donfrancobarbero.blogspot.com

    Rosa.

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  3. NON E' MORTO PER I NOSTRI PECCATI ?
    Ho segnalato circa cento notizie fa sul mio blog il bel libro di Fischer, edito dalla Claudiana. Dunque non era necessario che Gesù morisse per i nostri peccati? Ne scrissi a lungo 20 anni fa nel mio libro "L'ultima ruota del carro". Gesù è morto in conseguenza della sue scelte. Egli è stato fedele fino in fondo nella difesa dei più deboli ed emarginati. Come profeta e testimone del regno di Dio non ha tradito la "causa della sua vita e la libertà gli ha creato la ostilità dei poteri e la croce. Ma Dio non ha bisogno di nessun espiatore: egli ci ama e ci salva nel Suo amore gratuito. Questa formula "morto per i nostri peccati" è una delle interpretazioni della morte di Gesù, non la interpretazione. Essa ha finito con il prevalere sulle altre perchè, nella cultura del tempo, sembrò tracciare una linea diretta tra la morte di Gesù e la "salvezza", la vita nuova dei discepoli e delle discepole delle prime generazioni. Le formule con cui esprimiamo la nostra fede sono storiche, contingenti, datate e mutevoli. Oggi forse la morte di Gesù non ci parla di espiazione, ma di una vita vissuta in totale fedeltà a Dio e ai poveri. Gesù ci testimonia il suo sconfinato amore per Dio e per gli ultimi.

    Da: donfrancobarbero.blogspot.com

    Rosa.

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